Betty&Books

Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Sulla cultura dello stupro

Il motivo per cui mi tuffo nuovamente in questa storia è che ieri ho fatto festa con delle amiche. Alla fine sono andata a pisciare in strada tra due cassonetti. Un ragazzo con cui avevo parlato durante la serata si è avvicinato: ho appena avuto il tempo di rialzarmi, mi ha toccata, tentando di mettere le sue dita nella mia figa. L’ho spinto, credo di aver urlato (non mi ricordo più bene cosa, avevo bevuto troppo). E poi niente. L’ho detto alle mie amiche, ero un po’ agitata, ma se n’era già andato, allora ho continuato la festa, dandomi un’aria distaccata. In realtà pensavo che con tutti gli stronzi che ho lasciato che mi scopassero, non era quello che mi avrebbe impressionata.

Ed ora, l’effetto dell’alcool è sparito, la giornata è passata, e mi sento male.”

Un giorno, mi ha invitata per un week end a Grenoble da lui. Eccomi la, serata tra amici, beviamo, fumiamo e andiamo a dormire. Prova a toccarmi, gli dico che non voglio, che ho un ragazzo che non apprezzerebbe e che in più non ne ho voglia. Insiste, io persisto, ci addormentiamo. Durante la notte mi sveglio con la sua mano nelle mie mutande, che mi tocca e mi penetra. Sono scioccata, faccio finta di dormire ancora e mi muovo per mettermi in una posizione nella quale non potrebbe toccarmi così “intimamente”. Aspetta qualche minuto (ovviamente non ho potuto riaddormentarmi) e piano piano, mi sposta le gambe per girarmi e le divarica. Ricomincia. Sono disgustata, mi sento male ma non dico niente perché ho paura e vergogna e perché mi sento colpevole. Sono soprattutto pietrificata dallo stupore e dal disgusto. Sopporto per un momento, non sapendo che fare né come reagire, poi –non potendo lasciargli fare questo- mi alzo e vado in bagno, sempre senza dire niente. Torno a coricarmi vicino a lui sperando che non ricominci più. In effetti, non ha ricominciato, ma il danno ormai era fatto. Il giorno dopo tutto come se niente fosse.

Non ho detto nulla perché mi sentivo in colpa. “

Quando avevo quattordici anni, vissi una relazione con abusi sessuali nei miei confronti da parte del mio migliore amico. Finalmente, dopo il fallimento di altri tentativi di far smettere i suoi abusi, decisi di smettere di parlargli e di andare a casa sua. Per qualche mese riuscii a evitarlo, fino a quando dei\delle nostr* amic* comuni della Georgia vennero a trovarci in città, ospiti a casa sua. Il mattino dopo, dopo che gli\le amic* se ne erano andat*, mentre stavamo mettendo a posto i sacchi a pelo, cominciò a toccarmi. Riuscii a fermarlo, e me ne andai da casa sua. Questa fu l’ultima volta che provò a toccarmi.

Ma per i successivi tre anni frequentammo lo stesso liceo. Le nostre lezioni si accavallavano.”

 

I brani sopra proposti fanno parte di un’interessante raccolta di esperienze e riflessioni sulla cultura dello stupro, esperienze di vita reale di persone che, di fronte a violenze sessuali e stupri, hanno avuto la forza di raccontare quanto accaduto loro.

L’idea di questo opuscolo è quella di far riflettere sul termine stupro, ampliandone lo specchio dei significati e delle pratiche in cui esso si manifesta; con il termine stupro, infatti, viene intesa ogni tipo di relazione sessuale non consensuale, anche quella che non per forza comprenda la penetrazione di un pene (una mano, o un oggetto qualsiasi) nella vagina, nell’ano o nella bocca. Per il curatore dell’opuscolo, è necessario ed opportuno allargare l’uso di questa parola perché nel contesto attuale la tendenza dominante è quella di minimizzare le esperienze di chi non ha subito una penetrazione che può essere provata. Lo stesso discorso viene usato anche dal potere nelle aule dei tribunali, dove spesso la prova fisica diventa legittimazione di punizione o meno. Da qui il termine “cultura dello stupro” per riferirsi ad ogni tipo di violenza sessuale, evitando paragoni e classificazioni in ordine di importanza e gravità.

L’opuscolo si presenta quindi come una raccolta di otto storie diverse ed uniche, in cui la violenza si manifesta in maniera diversa: dall’abuso fisico alla violenza psicologica derivata dal fatto che la persona sia continuamente perseguitata dai ricordi e dallo stesso stupratore. Interessanti sono inoltre le riflessioni riguardanti la difficoltà di denunciare pubblicamente la violenza subita, l’incapacità di parlarne per anni ed anni, la difficoltà di far finir un rapporto di coppia anche quando questo è violento e insano.

Personalmente, una cosa più di tutte mi ha colpito: il senso di colpa e di vergogna che provano la maggior parte delle persone che hanno subito uno stupro. Prima della rabbia, del riscatto, della volontà di parlare di quanto accaduto scatta il senso di colpa, il sentire di aver sbagliato, di aver provocato ingiustamente, di non aver capito il\la partner, la speranza di poter cambiare la relazione perché potesse continuare. Ingenuamente ho sempre creduto che nel caso dovessi subire uno stupro, la prima cosa che farei sarebbe quella di gridare al mondo intero quanto successo e interrompere la relazione nel caso in cui si trattasse di “stupro coniugale”. Ora non ne sono più così certa.

In ogni storia, però, arriva il momento del riscatto. Tutt* ed otto capiscono di aver parlato troppo poco, di essersi rinchius* in un silenzio difficile ma non impossibile da rompere. Inizia quindi un processo di liberazione che grazie a parenti, amici e gruppi di auto-aiuto li porta ad affrontare il loro passato. In questo passaggio diventano quindi centrali le comunità di riferimento di queste persone: luoghi di conforto ma anche spazi troppo spesso incapaci di creare efficaci luoghi di “safer spaces” e supporto collettivo.

Credo che questo opuscolo sia una lettura interessante in quanto regala al lettore differenti spunti di riflessioni a partire da storie di vita realmente vissuta.

A volte devo ricordare a me stessa tutte le cose che il mio corpo può fare, tutti i modi in cui sono forte. Vero, non sono un’atleta, ma so come muovermi. Ho corso un miglio in meno di sette minuti. Ho camminato in montagna per una dozzina di miglia in un giorno portando uno zaino di trenta libbre. Ho avuto almeno otto orgasmi in una sola ora. Ho corso a piedi nudi nella palta e mi sono rotolata nell’erba, sono stata nuda in una torre e ho sentito la brezza giocare con i miei capelli.”

INFO E LINKS

Per ricevere copie dell’opuscolo scrivere a: partypooper@riseup.net

Quante volte in quattro anni?

Lo stupro ordinario – tradotto dal francese

-Libertà e strategia/Trauma e resistenza, Timothy Colm, tradotto dall’inglese dal libro “The revolution starts at home, confronting intimate violence within activist communities”

Storia di una ragazza – tradotto dal francese

-I’m not getting over it: una riflessione personale sulla cultura dello stupro, Rachel Alexander, tradotto dall’inglese

-Perché queste parole giungano da qualche parte, dall’opuscolo “What do we when? Radical community response to sexual assault/Issue 3

-Senza il mio consenso, Bran Fenner, dal libro “The revolution starts at home, confronting intimate violence within activist communities”

No significa No: antisessismo pratico, il concetto di consenso

Altri testi su violenze di genere e\o altre tematiche queer radicali e anarcofemministe in italiano scaricabili su: anarcoqueer

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