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Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Radikal Tanzbar_Musica e sessismo

Berlino, V Conferenza sulle Pratiche Antisessiste – networking e pratiche per un futuro anti-sessista

Di ritorno dalla LaD.i.Y.Fest di Berlino (16-19 agosto 2012), che pare un’orgia di giovani femministe frizzanti e festaiole, ma a mio avviso un po’ impreparate – scollegata dal resto del mondo (come un’estate di slut-walk e di manifestazioni pro-pussy riot, per dire) e disaffezionata alle pratiche di significazione genderqueer degli spazi, ‘sta LaD.i.Y.Fest mi pare un po’ sottotono – c’ho il sapore della delusione in bocca e tiro avanti con l’idea che la scena femminista berlinese non possa essere solo  q u e l l a , ma che ci sia  m o l t o  altro.

A darmene conferma il mese successivo è la V Conferenza sulle Pratiche Antisessiste che si tiene sempre a Berlino, negli stessi locali della LaD.i.Y.Fest (l’SFE a Kreuzberg, Gneisenhauerstr. 2A), ma evidentemente frutto di una condivisione di pratiche e di una riflessione più matura. La conferenza, che si svolge dal 14 al 16 settembre è ricca di workshops e di orizzontalità femminista, realizza uno spazio comune di condivisione dei percorsi antirazzisti, antisessisti e dell’attivismo transessuale con la sicurezza di uno sguardo situato comune: quello del femminismo queer.

Vediamo allora bio-donne e bio-uomini, giovani genderqueers, trans* e lesbiche costruire insieme una contromanifestazione in difesa del diritto all’aborto per le strade di Berlino (dove sfilerà una Marcia per la Vita), dall’eloquente titolo What the fuck? e dal sottotitolo Keep your rosaries off my ovaries; laboratori sulla costruzione del femminile con un gran protagonismo trans* che si interrogano sul modello di femminilità socialmente imposto; workshops che affrontano la questione della normazione etica ed estetica del corpo (Riot not diet!) e del contatto, della comunicazione, dell’autoproduzione; laboratori sul razzismo e la costruzione della whiteness e un interessantissimo spazio di scambio su studi di femminismo trans*versale ;)

Inoltre, uno spazio non indifferente è dedicato alla musica: alla produzione, al contenuto, alla comunicazione (con un workshop sul rap tenuto dalla famosa rapper femminista Sookee “Quing of Berlin), ma anche al sessismo vissuto e riprodotto nei contesti in cui si fa musica. La mia partecipazione a questo workshop sulla musica e il sessismo, tenuto dalle berlinesi Respect my fist (un gruppo grrrl punk postgender dall’incazzatura fresca sputata spesso e volentieri in growl), mi accorgo soltanto in un secondo momento che è dovuta proprio al fatto che da certi ambienti e da certe dinamiche (apparte rapporti complicati con la fender) non ne sono poi così fuori…

La partecipazione è tutta interna al settore: musiciste, djs e organizzatrici di eventi, trans*, donne e lesbiche. Dalla scena punk alla musica classica ne viene fuori la stessa analisi: quello musicale è uno spazio male-dominated, uno spazio storicamente vissuto e gestito da masculi in cui i masculi si sentono gli esperti e te lo fanno pesare. Dallo “Stai attenta a non far cadere l’acqua sul mixer quando fai il tuo set” (MADDAI??? E io che pensavo di portarmi da casa lo sgrassatore per poter far brillare meglio tutti quei bottoncini colorati!); al nonnismo a sfondo sessista interno alle orchestre dove se sei una giovane donna agli inizi subisci molestie di ogni tipo con la scusa che hai bisogno di un “maestro“; agli stereotipi positivi per cui attiri l’attenzione del giornalista di turno in quanto non sei semplicemente la trombonista, ma la “giovane, tenera e graziosa ragazza alle prese con l’ingombrante trombone”!

È il tuo gender a venire prima della tua abilità e professionalità. La tua band tutta al femminile è rubricata nella categoria “Girls Bands“, indipendentemente dallo stile, dal percorso, dalla scena a cui appartiene… le GIRLS BANDS: un magma unico e fluttuante di gruppi musicali riconoscibili da lontano perché affetti da vaginalità. La Girls Band, ovviamente, scala facilmente all’ultimo posto della scaletta dei gruppi in esibizione in un evento, per non dimenticare il secolare ruolo ancillare della fimmina.

Inoltre, se sei la front girl di una band tutta al maschile hai vinto il posto di jolly! Decine di volte ci siamo sentiti dire: “vabbeh ma c’avete la cantante, siete apposto!”. Perché avere una vagina in prima fila fa la differenza, magari se c’ha la gonna corta ancora meglio, ‘sti cazzi della voce, dello strumento, della musicalità… però la cantante è bona, eehhhhh!

Se poi sei la front trans la cosa allora diventa complicatissima: intanto dato che sei trans* viene dato per scontato che hai una certa familiarità con la messa in gioco del tuo corpo e quindi manco a dirlo anche gli altri possono giocarci, perché no?! Per un’equazione dalle variabili incomprensibili transessualità significa trasgressione e perdita progressiva dei confini del proprio spazio personale: e allora via di toccate da sotto palco! Inoltre, se provi a giocare con gli stereotipi di genere, con i traverstimenti e performance ardite tutto viene considerato come normale, tutto cioè rientra normalmente nel tuo essere strana, stravagante, trasgressiva!

La strategia da adottare allora è quella del protagonismo assoluto, dell’utilizzo della nostra capacità comunicativa per prendere il controllo della situazione, creare narrazioni, distruggere stereotipi. La nostra performance è il nostro strumento di potere: comunicare con forza il nostro no a certe dinamiche sessiste, autodeterminarci attraverso l’autonarrazione, divertirci! Cantare il dissenso e performare il possibile! Dritte per la nostra strada.

Giusto per ricordare ciò che siamo e ciò che non vogliamo, una Girls just wanna have fun in chiave riot grrrl! Buon ascolto:

Radikal Tanzbar_Respect my fist feat. Sookee

Vogliamo vivere il divertimento, le feste e la sensualità (*) 

Ci piace la vodka, il turbo mate e la torta alla panna, grassa

Ma noi non vogliamo ballare per il tuo sguardo macho 

e non vogliamo farci una risata sul sessismo ignorare il razzismo  é accettare lo sfruttamento  

(*) Siamo noi a decidere per noi stess* ciò che è sensualità: lontano da ruoli di genere prescritti e gli ideali di bellezza. Sia essa con un dolcevita o i tacchi alti.

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