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Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Kandeggina Gang

Scavi in corso in un personaggio dall’evoluzione alquanto balzana: Jo Squillo.

Cantautrice e conduttrice televisiva italiana, Jo Squillo è diventata nota non prima del 1991. Il successo è imputabile, nel bene e nel male, a quello che a breve sarebbe diventato l’inno pop condiviso con gli addominali smaglianti di Sabrina Salerno: Siamo donne, entrato successivamente nelle hit sulla bocca dell’incensibile e colorata popolazione trash addicted. Jo Squillo, al secolo rispondente al miglior richiamo di Giovanna Coletti, ha infine deciso di superare l’imbarazzo che negli anni ’80 le procuravano le sfilate; dal 1999 conduce, infatti, il programma settimanale Tv Moda. Negli ultimi tempi si sta allenando al salto decisivo verso l’altra sponda
della passerella: realizzerà dunque una mini-linea di abbigliamento e accessori che comprenderà una giacca, una gonna, una t-shirt, un paio di scarpe, un bracciale e voci di corridoio assicurano che avremo anche una crema per il corpo made by Jo.

C’è però un particolare destino che inspiegabilmente accomuna gli appassionati di moda e i puristi dell’etichetta musicale indipendente. Se da una parte, infatti, i più ignorano che la bella conduttrice abbia niente meno che un passato da riot grrrl, dall’altra, molti non sanno che sotto una delle testoline verdi che l’8 marzo del 1980 lanciarono tampax simil-used sulla folla attonita in piazza Duomo, c’era proprio una diciassettenne Jo Squillo.

Se è vero che il suo primo (e forse unico) successo musicale unanimemente ricordato è Siamo Donne, la carriera della cantante è in realtà cominciata in qualità di voce delle Kandeggina Gang, gruppo Punk rock di signorine sbiancanti e nocive, lanciato sulla scena indipendente milanese, dunque tra il 1979 e il 1981.

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La breve vita del gruppo fu caratterizzata da testi intrisi di ingenuo femminismo, da tinte (sia retoriche che di capello) probabilmente adolescenziali, e tuttavia piuttosto incisive. Il linguaggio utilizzato è, infatti, sempre scandalosamente esplicito, provocatorio.

Le tematiche affrontate ruotano intorno a una profonda critica della società dominante, in particolar modo delle prerogative maschili, nella cultura italiana, come nel monopolio della musica e delle arti. In particolare, il testo di Orrore è una sintesi schietta degli stereotipi dell’uomo medio, che pensa solo al suo uccello e a cui interessa solo scopare.

La produzione delle Kandeggina Gang è espressione programmatica di avversione nei confronti di una società sessista e di una mascolinità culturale, poco inclini a lasciare spazi di espressione creativa femminile. Il brano, però, non risponde a una volontà di denuncia della condizione di svantaggio immobile delle donne, bensì è la comunicazione diretta della capacità di reazione e affermazione positiva:

tu fai il duro / ma stai sicuro / che se mi incazzo / io ti spacco il culo.

L’emancipazione rispetto ai termini tradizionali di inattività e impotenza emerge dalla stessa costituzione strategica del gruppo su modello della gang. É la stessa Jo Squillo a fornirne una motivazione, un’immagine strettamente in connessione alla formulazione di un canale di resistenza sociale e politica al femminile.

Nel bellissimo documentario Mamma dammi la benza. Le radici del Punk italiano, Jo Squillo dice:
“le Kandeggina Gang nascono dalla mia voglia di formare un gruppo di sole ragazze, quindi la voglia di fornire la risposta ai maschi che comunque vedevano la musica e un certo tipo di movimento spesso come esclusivamente maschile. Quindi la mia voglia era quella di dire: sono cattiva, orrore orrore, vicino a te mi sento male. La mia voglia era quella di formare una gang essenzialmente, quindi un gruppo di ragazze che avevano qualcosa da dire, non soltanto musicalmente, ma proprio una gang allargata. Infatti, non a caso, Kandeggina era un nome scelto per sbiancare tutto quello che c’era prima, intorno a cui ruotavano tantissime ragazze, che portavano la loro creatività“.

Propositi simili, forse meno purificati dall’ambiente della produzione indipendente e dei centri sociali di Milano, appaiono anche nel periodo successivo, che vede Jo Squillo Eletrix in veste solista, prodotto punk invece discografico, e impegnata in una nuova avventura verso il successo, la notorietà e la scalata televisiva.

Al personaggio dell’epoca è legato un brano, che è stato e è oggetto di discussione e di critica da parte delle realtà femministe, sovente interpretato alla stregua di un’incresciosa banalizzazione, se non una vera e propria istigazione, della violenza sessuale sulle donne.

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Violentami sicuramente non è un capolavoro, e la strumentalizzazione del tema dello stupro ai fini di spettacolo è probabilmente inaccettabile, sopratutto rispetto a alcune sensibilità politiche. Un ascolto maggiormente approfondito del testo, la ricerca del quadro in cui è corretto inserire il fenomeno Jo Squillo pre-televisivo, un’analisi delle retoriche, dei linguaggi e dei canali d’espressione permettono però di mettere in evidenza alcuni nodi fondamentali. Violentami si inserisce sorprendentemente  sulla scia comunicativa della capacità femminile e dell’allontanamento simbolico della donna dalla passività e impotenza collettivamente immaginate. Gli espedienti utilizzati sono l’estremizzazione del concetto attraverso l’evocazione della violenza sessuale, circostanza limite, emblema della vulnerabilità sociale della donna, e il suo ribaltamento situazionale. É infatti Jo Squillo appena scappata di casa che cerca la storia un po’ strana, e non un uomo. Elemento significativo, che consente, forse, la riabilitazione del brano e della sua portavoce, che può permettere una più profonda comprensione dei suoi significati è però un altro capovolgimento, quello della paura.

Sono nuda – hai paura
sono nuda – che, hai paura?
sono nuda – TU hai paura.

Col passare delle epoche, il fallimento del ’77 e la decadenza del Punk, il femminismo di Jo Squillo si è commercializzato, nonostante la presentatrice millanti dei gradi di coerenza e di comodità tra il suo passato ideologico e il suo presente. In un’intervista rilasciata a Irene Pivetti (altra donna che ha seguito un’evoluzione meno pittoresca, e tuttavia balzana), nello spazio del programma Iride, Jo Squillo fa il miracolo e riesce a congiungere Spirito Punk e, addirittura, Alta Moda.

Incapace momentaneamente di risolvere questa contraddizione in termini, ripromettendomi di farlo il prima possibile e accettando di buon grado suggerimenti a riguardo, per il momento porgo i miei saluti, lasciando come ultima indicazione il seguente gruppo facebook “Spiegare a Jo Squillo che non è una cantante”.

 

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