Betty&Books

Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Non una di meno Bologna

Avete notato il disegno di una matrioska tra i post che scorrono nella bacheca dei vostri social preferiti o tra le locandine appese nei muri? è l’immagine che contraddistingue “Non una di meno” un percorso che riprende lo slogan “Ni una Mas” dei movimenti femministi  argentini contro la violenza domestica e il femminicidio.

L’appello “Non una di meno”  lanciato dalla rete romana di UDI – Unione Donne in Italia, Rete IoDecido e D.i.Re – Donne in Rete Contro la violenza, ha raccolto in pochissimo tempo centinaia di adesioni da tutto lo stivale e con il successo della manifestazione del 26 novembre ha lanciato il tacco verso l’8 marzo (e oltre): Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!

Con Betty&Books ho partecipato il 4 e 5 febbraio alla scrittura collettiva del piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e la messa in rete di pratiche e idee in vista dello Sciopero Globale delle Donne: dalla Polonia, agli Stati Uniti, dall’Irlanda all’Argentina. A oggi sono 40 i paesi che hanno aderito. Non storcete il naso, non si tratta di una mobilitazione rivolta esclusivamente alle lavoratrici, ma anche alle donne che sono fuori dal flusso produttivo inteso in senso classico, ma invischiate in quello invisibile della “ri-produzione“: precarie, casalinghe, disoccupate, sex workers, agoniste sportive, studentesse, intermittenti dello spettacolo, fancazziste, imprenditrici “de noialtre”. Sì è una sfida, perché si dovranno trovare modi, azioni e connessioni capaci di rendere il blocco “visibile” e soprattutto strategico. #lottomarzo

Le due giornate si sono svolte a Bologna nelle aule di giurisprudenza in zona universitaria. Bologna non è nuova al protagonismo femminista un’onda discontinua che ha continuato ad avanzare trasportando quel che accadeva (e accade) fuori dai confini nazionali ed europei. Guardando agli ultimi anni, al processo di “globalizzazione”,  mi vengono in mente alcuni appuntamenti cittadini, ma dal respiro nazionale e significativi per i percorsi femministi queer, separatisti o transissimi, forse qualcuna di voi se li ricorda, o ne ha in mente altri da segnalare:

  • la rete delle donne in difesa della 194 e della laicità dei consultori,
  • la rete ContraAzione per il referendum abrogativo della legge 40 sulla  procreazione medicalmente assistita con la pink occupazione della “ex maternità” di via d’Azeglio nel 2005 (tutt’ora vuota)
  • il nodo bolognese NO VAT che ha raccolto collettivi di lelle e froci, per la laicità dello Stato e contro l’ingerenza del Vaticano 
  • il movimento contro la violenza maschile sulle donne a seguito della grande manifestazione separatista romana del 2007,
  • il one billion rising supportato in particolare dai centri antiviolenza e da una rete di donne migranti,
  • il transgender europe che ha portato a Bologna più di 300 delegate e delegati trans,
  • il recentissimo corteo del sommovimento nazionale,
  • il terzo incontro nazionale di Educare alle differenze.

Sono passati ormai 20 anni da quando il pink/silver-activism si è interfacciato (sculettando) nel “movimento dei movimenti” contro le zone rosse del G8 e dell’OCSE, agendo differenti pratiche di piazza per mettere in pensione quelle liturgiche e machiste, a Praga come a Seattle, a Genova come a Parigi: dall’eredità cyberfemminista emerge la soggettività queer, si riattivano le sinapsi tra i movimenti femministi e trans, delle vite precarie – anticipate dalla femminilizzazione del lavoro – con le istanze dei e delle sexworkers (ndr è grazie a questo humus che nasce il progetto Betty&Books).

Una staffetta tra donne (nate o diventate) generi e generazioni che ha contribuito al successo delle due giornate del 4 e 5 febbraio. Per l’esattezza sono state 1.600 le donne a registrarsi agli 8 tavoli di discussione. 8 tavoli, 8 punti per l’8 marzo. Pride.

L’organizzazione logistica portata avanti dal nodo bolognese di Non una di meno considerando l’affluenza è stata tosta e anche ecologica, perché attenta alle differenti sensibilità ed esigenze di vita: immaginatevi donne di ogni età riunite in 8 differenti aule e un lungo corridoio invaso da banchetti con “centinaia di panini veg” e una bacinella per lavare i piatti, infoshop con libri e fanzine (peccato non aver portato i nostri sextoys) e infine un baby parking gestito dai “femministi”.  Non mi è possibile restituire un’analisi sulla composizione delle partecipanti, ma il dato che emerge è la bassa partecipazione di donne migranti/nuove cittadine. Sottolineo la diffusa professionalizzazione in chiave gender della maggioranza delle donne presenti, in parte dovuta al taglio dei tavoli, ma anche a un diverso approccio all’attivismo delle under 30. L’area mista “centrosocialista” invece si è riversata nell’aula dedicata al “sessismo nel movimento” e al tavolo su lavoro e welfare.

Non Una Di Meno - Bologna

Mi sono iscritta al tavolo “Diritto alla salute sessuale e riproduttiva” beh, mica potevo mancare, dove c’è sex c’è sempre una Betty! qui trovate il report del tavolo. Un’aula meno fitta a differenza di altre, ma molto accogliente oltre che caldissima (non nel senso del sex, ma per il riscaldamento a palla). Molte le donne provenienti dal centro Italia e attiviste dei consultori autogestiti, come jesopazzo di Napoli o la consultoria autogestita di Milano. Il consultorio ha tenuto banco assieme all’obiezione di coscienza e al diritto all’interruzione di gravidanza con tecniche meno invasive (leggi RU-486) del superamento della 194 o per alcune della piena applicazione della legge. Appena sfiorato il dibattito sulla gestazione per altre, probabilmente la botta del referendum fallito sulla legge 40 è ancora “dolorosa”(…).

Si è parlato con meno enfasi di salute sessuale nei termini di consensualità e autodifesa, della cultura del piacere e della relazione come step fondamentale per riconoscere la violenza. Certo, la cultura sex si può intersecare con il percorso (tavolo) sull’educazione alle differenze, ma non può (sto lanciando un appello) rimanere relegato all’ambìto educativo e/o formativo.

Le istanze del femminismo pro-sex del resto non sono facilmente scrivibili su un piano rivendicativo e i nodi  legati a sexworking, assistenza sessuale e pornoattivismo non sono di certo risolti.

C’è molta strada da fare e fili da riprendere che si sono spezzati. Intanto io inizio a lucidare il surf. #siamomarea.

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